Procol Harum

Beyond
the Pale

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I 50 anni dei Procol Harum: non siamo dei sopravvissuti

Sandra Cesarale interviews Gary Brooker • Corriere della SeraWalpurgis Night 2016


< Il leader Gary Brooker: oggi mancano grandi band e buoni cantanti

«Dove sta andando il rock? Non lo so. Però i Procol Harum sono ancora qui», sentenzia il cantante e tastierista Gary Brooker, rimasto l’unico membro originale della band inglese. Lui sottolinea: «Con questa formazione suoniamo insieme da dodici anni, tante band si sciolgono molto prima. Nel 2017 festeggiamo mezzo secolo. Il pubblico continua a seguirci. Incredibile. Noi dei sopravvissuti? No. Non abbiamo mai stravolto la nostra musica per conquistare i più giovani». Il 9 luglio suoneranno il festival progressive «Close to the moon» a Piazzola sul Brenta (Padova). «Ci saranno anche Alan Parsons, i Caravan, i Soft Machine. La compagnia è ottima».

Il successo con «A Whiter Shade of Pale»

Cinquant’anni e non sentirli. Era il 1967 quando pubblicarono «A Whiter Shade of Pale», la canzone schizzò ai vertici della classifica britannica e arrivò fino al quinto posto in America. Anche in Italia scalò in fretta la top ten: ma nella versione tradotta da Mogol intitolata «Senza luce» e interpretata dai Dik Dik. L’incantesimo fu ripetuto con «Homburg» trasformata in «L’ora dell’amore» (testo di Daniele Pace). La cover era firmata dai Camaleonti. «Se penso all’Italia – commenta Gary – mi viene in mente il melodramma: avete nel sangue le belle melodie. E questa è anche la nostra forza. Quando abbiamo iniziato il genere progressive nemmeno esisteva. All’epoca già giravano Traffic e Pink Floyd, ma noi volevamo uno stile che fosse soltanto nostro e forse questa è la base su cui poggia il progressive».

Nella colonna sonora della serie tv «Vinyl»

Sono diventati una band di culto, la loro «Conquistador» è stata inserita nella colonna sonora di «Vinyl», la serie tv prodotta da Martin Scorsese e Mick Jagger sul rock a New York negli anni Settanta. «Non ho mai visto una puntata ma da quello che mi hanno raccontato sembra sia un affresco realistico di quell’epoca. Io c’ero. Erano anni confusi, creativi, ma anche molto eccitanti. Martin è un appassionato di musica. E conosco Mick, anche se non ci frequentiamo, ha investito soldi su questo progetto. Ci recita anche suo figlio...». Una pausa e Brooker fulmina con una delle sue tante battute: «Forse è un figlio che non sa nemmeno di avere». Ride e continua: «Sesso, droga e rock’n’roll: c’è chi ne ha fatto uso, chi ne ha abusato, chi ci è passato sopra. Grandi musicisti sono morti troppo giovani per colpa di quel triangolo: Jimi Hendrix, Janis Joplin. Ma è anche vero che abbiamo perso gente come Buddy Holly, Otis Redding, Eddie Cochran: vittime di incidenti, perché questo lavoro ti costringe a viaggiare. Noi abbiamo passato la vita sulla strada. Ora di concerti ne facciamo di meno, è faticoso. Ma è sempre esaltante salire sul palco».

«Noi non siamo cambiati, la musica sì»

Brooker dice che i Procol Harum non sono cambiati, la musica sì: «Si passava un sacco di tempo a comporre canzoni, incidere un album, promuoverlo. Adesso i dischi sono finiti su internet: non si vendono, si scaricano. Se continua così finirà la creatività perché gli artisti non guadagnano niente dallo streaming». Nonostante tutto rivela che i Procol Harum pubblicheranno nel 2016 un nuovo album. «È tutto nella testa, pronto a uscire. Non faremo ascoltare inediti durante il concerto: se in passato quando suonavi una nuova canzone dal vivo era una sorpresa, adesso te la ritrovi sul web prima di mezzanotte». Nonostante tutto, Brooker riconosce che la Rete può essere un’opportunità per le band emergenti di farsi ascoltare. Anche se di grandi talenti non vede: «Eppure non sono difficile da accontentare: mi basta una bella canzone e dei bravi musicisti. Voglio sentir suonare la batteria e qualcuno che canti. A volte, invece, c’è troppa roba o suoni sono troppo puliti. E non tutti cantano bene». Forse è per questo che i «grandi vecchi» del rock vanno forte. In Italia quest’estate è attesissimo David Gilmour. «Anche io preferisco David ai nuovi gruppi. I giovani da qualche parte devono pure iniziare. David invece ha esperienza, già suonava quando Elvis era ancora vivo». E chiude con un altro graffio:«Sono felice che abbia successo con questo tour, purché si cambi la maglietta».
 


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